Assegno Unico: fino al 30 giugno per avere gli arretrati

Per l’Assegno Unico il 30 giugno 2022 sarà una data spartiacque, visto che le domande presentate entro quel giorno (il Patronato ACLI svolge assistenza gratuita) avranno diritto anche agli arretrati a decorre dalla mensilità di marzo: ricordiamo infatti che marzo è il mese da cui è entrato in vigore ufficialmente l’assegno, andando a rimpiazzare bonus e agevolazioni come il Premio alla nascita, il Bonus Bebè o le stesse detrazioni sui figli a carico. Anzitutto va ribadita una cosa circa il dubbio ricorrente se l’ISEE sia o meno obbligatorio ai fini dell’Assegno Unico. Assolutamente no: la prestazione verrà erogata in ogni caso, con o senza il calcolo ISEE; è pur vero però che senza indicatore economico la prestazione verrebbe erogata nella sua misura minima (cioè quella spettante ai nuclei con ISEE sopra ai 40.000 euro), mentre col calcolo dell’indicatore allegato alla domanda, l’INPS potrà determinare l’esatta quota spettante al nucleo, appunto perché l’erogazione è stata strutturata per fasce di reddito, quindi in buona sostanza l’assegno decresce al crescere dell’ISEE (per il calcolo ISEE è possibile rivolgersi a CAF ACLI, in sede oppure online).

Il 30 giugno sarà quindi una data “spartiacque”, perché le domande presentate entro quella data avranno un trattamento speciale in deroga al principio generale secondo cui la validità dell’assegno viene calcolata dal momento della richiesta, nonostante poi si inizi a ricevere materialmente dal mese successivo. Ipotizzando ad esempio che una famiglia abbia fatto domanda a marzo, il diritto all’assegno è scattato da marzo stesso, mentre il pagamento materiale sarà stato avviato in aprile con l’erogazione della prima “rata” relativa a marzo, poi a maggio l’INPS avrà pagato la mensilità di aprile, a giugno quella di maggio e così via.

C’è però, come dicevamo, l’eccezione del periodo “cuscinetto” fino al 30 giugno entro il quale l’INPS garantisce comunque il versamento degli arretrati a decorrere da marzo, mese di entrata in vigore dell’assegno. Quindi, immaginando di presentare la domanda di assegno a giugno, il primo pagamento arriverebbe a luglio, ma a luglio l’INPS verserebbe non solo la mensilità di giugno – mese della domanda –, ma anche gli arretrati di marzo, aprile e maggio. Per le domande, invece, presentate dal 1° luglio in poi decadrà il diritto agli arretrati (sempre che l’INPS non decida all’ultimo di prorogare il periodo “cuscinetto”), ovvero il versamento materiale dell’importo scatterà sempre dal mese successivo rispetto alla domanda, ma senza arretrati, secondo il principio ordinario che prevede appunto il diritto all’assegno a decorrere dal momento della richiesta. Quindi, ad esempio, se l’assegno fosse richiesto a luglio, l’INPS comincerebbe a pagarlo ad agosto, ma ad agosto pagherebbe solo esclusivamente la mensilità di luglio, poi a settembre quella di agosto, e così via a seguire.

Ma dove mi arriva l’assegno? Dipende. Il versamento materiale delle somme varia a seconda delle indicazioni rilasciate dagli stessi richiedenti. In linea generale è ovvio che le piste di atterraggio siano comunque gli iban dei conti bancari o libretti postali indicati nella domanda. Il genitore, quindi, che formalmente trasmette la richiesta, ha due scelte: in accordo con l’altro genitore può chiedere che l’INPS gli corrisponda l’intero importo sul suo conto/libretto, altrimenti può chiedere che l’importo venga corrisposto in misura ripartita al 50% tra i due genitori, dichiarando in questo caso di essere stato autorizzato dall’altro genitore ad indicare la modalità di pagamento della sua quota, quindi in pratica dovrà indicare due diversi iban. Ci sarebbe in realtà anche una terza ipotesi: ovvero chiedere un pagamento sempre in misura ripartita al 50%, ma stavolta senza indicare – casomai non fosse stato raggiunto nessun accordo (come potrebbe accadere per i separati/divorziati) – gli estremi del conto dell’altro genitore, che dovrà quindi provvedere da sé a indicare gli estremi del suo conto.

Per quanto riguarda i separati o divorziati, l’INPS ha dedicato loro una faq apposita: “Nel caso di genitori separati, divorziati o comunque non conviventi – scrive – l’assegno può essere pagato al solo richiedente o, anche a richiesta successiva, in misura uguale tra i genitori. Il richiedente deve quindi dichiarare nella domanda che le modalità di ripartizione sono state definite in accordo con l’altro genitore e può indicare nella stessa domanda anche gli estremi dei conti dove pagare la quota di assegno spettante all’altro genitore”. Viceversa “in mancanza di accordo, il richiedente deve indicare che chiede solo il 50% per sé. In questo caso, l’altro genitore dovrà successivamente integrare la domanda fornendo gli estremi dei propri conti”. Nel caso infine dei figli maggiorenni fino a 21 anni (dal compimento dei 22 infatti l’assegno decade e riprendono a funzionare le normali detrazioni sui carichi) anche il figlio potrebbe fare domanda, cioè risultare direttamente lui/lei come richiedente. In questo caso, però, sarebbe obbligato a indicare un iban a suo nome. Altrimenti la domanda potrebbe comunque essere trasmessa da uno dei genitori con gli stessi criteri che abbiamo sopra indicato.

 
                                                                                                              27 MAGGIO 2022